Sulla follia

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Depressione e psicofarmaci

Su La Repubblica del 19.4.2011 sono comparsi due interessanti articoli sull’uso degli psicofarmaci nella terapia antidepressiva.

Nel primo, “Psicofarmaci – Diagnosi facili e tante pillole così cambia la cura”, partendo dai lavori preparatori della quinta versione del manuale di psichiatria (Dsm-V), si prevede la “giustificazione” della crescente tendenza ad una prescrizione sempre più diffusa di farmaci antidepressivi, con il rischio “che la depressione finisca ancora di più negli ingranaggi del marketing delle aziende farmaceutiche” (La Repubblica, 19.4.2011, pag. 48).

Il secondo articolo, “Gli psicoterapeuti italiani – ‘La chimica non basta’”, presenta un libro di uno psicoterapeuta americano e riporta le posizioni di alcuni psicoterapeuti italiani: gli psicofarmaci, anche quando sono indispensabili, devono essere sempre accompagnati dall’ascolto.

Leggi Psicofarmaci – Diagnosi facili e tante pillole così cambia la cura

Leggi Gli psicoterapeuti italiani – ‘La chimica non basta’

21 aprile 2011

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Uno studio di “Nature“ sulla schizofrenia

Repubblica.it (13.04.2011) presenta uno studio di “Nature” che pubblica una ricerca di studiosi del Salk Institute for Biological Studies della California e della Penn State University della Pensylvania; secondo la ricerca i neuroni delle persone affette da schizofrenia sono poco comunicativi.

“La schizofrenia è un disordne psichiatrico… che diversamente da quanto comunemente ritenuto, ha una forte base genetica” (Repubblica.it, link sotto).

Secondo Republica.it, lo studio permette, nelle malattie mentali come la schizofrenia “di isolare le disfunzioni biologiche dal contesto ambientale” (cit.), riportando una riflessione finale di uno dei ricercatori: “Per molti anni  – ha aggiunto Fred Gage, professore al Salk’s Laboratory of Genetics  –  le malattie mentali sono state considerate come disturbi strettamente sociali o ambientali. Si tendeva a credere che una persona malata potesse guarire semplicemente affrontando i suoi problemi. Da tempo sappiamo che non è così. Ora stiamo mostrando nei neuroni disfunzioni biologiche reali che sono del tutto indipendenti dall’ambiente” (cit. in Repubblica.it).

“Nature” è una autorevole rivista scientifica: tuttavia sono molti i nodi concettuali implicati nella ricerca. Nello studio dell’uomo abbiamo a che fare con l’enigma della soggettività, ed è in gioco il difficile e complicato rapporto tra le manifestazioni della vita psichica e i meccanismi biologici del nostro corpo (indagabili, questi, e manipolabili dalla scienza): “Non si può, infatti, parlare dell’uomo senza essere rimandati alla sua corporeità, né si può avvicinare il fatto corporeo senza implicare l’intero complesso dell’uomo nel suo essere umano” (F. Basaglia, “Corpo, sguardo e silenzio – L’enigma della soggettività in psichiatria”, in F. Basaglia, “L’utopia della realtà”, Einaudi, 2005, pag. 28; tutto il saggio su “L’enigma della soggettività” è interessante per un approfondimento delle implicazioni tra soggetto, corporeità, relazione con il mondo e con l’altro… e psichiatria)

Leggi l’articolo di Repubblica.it che presenta lo studio di “Nature“

Approfondimenti in rete: italia salute

15 aprile 2011

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Platone e …..l'”idea” del manicomio

Il giudice rinchiuderà nel sophronisterion coloro che sono diventati atei per stoltezza, non per malvagità di sentimenti e di costumi, e ve li terrà secondo la legge per non meno di cinque anni. Durante questo periodo nessun altro dei cittadini potrà frequentarli, ad eccezione dei magistrati che fanno parte del consiglio notturno che si incontreranno con loro per educarli e salvare le loro anime. Quando sarà passato per loro il periodo di incarcerazione, se qualcuno di loro sembrerà rinsavito vada ad abitare con gli altri saggi, ma se verrà giudicato in modo contrario e sarà trovato ancora colpevole, allora sia condannato a morte” (Platone, Leggi, 909 a, citato in Giulio Guidorizzi, “Ai confini dell’anima – I Greci e la follia” Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pag. 46).

Si tratta del primo testo dell’antichità (le Leggi, un’opera della tarda maturità di Platone, risalgono alla metà del 4° secolo avanti Cristo) che prevede per i folli un istituto manicomiale, seppure con finalità rieducative (il sophronisterion è una casa di “temperanza”, dove si è rieducati a riacquistare la “temperanza”); contiene, tuttavia, già i tratti di un’istituzione che avrà molta “fortuna” nell’Occidente. Commenta Guidorizzi: “Il sophronisterion platonico anticipa un’idea che ricompare sinistramente lungo la storia della psichiatria moderna: la follia s’identifica con la mancanza d’integrazione con il sistema dominante, perché solo un pazzo può rifiutarsi di riconoscere che il sistema di valori e le leggi della società sono incontestabili, giuste, equilibrate; le migliori nel miglior mondo possibile. Il sophronisterion platonico si configura pertanto come il primo caso (solo teorico) d’intervento sulla follia da parte di un potere costituito, e quindi di gestione ideologica della follia”. (Giulio Guidorizzi, op. cit., pag. 46).

3 febbraio 2011

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“Chi è il pazzo?”….secondo don Andrea Gallo

“La follia è una condizione umana, è presente in noi come lo è la ragione. Chi è pazzo e chi non lo è? Il pazzo è un malato fisico o afflitto nello spirito?

Spesso il pensiero e la sensibilità hanno in cima la follia. Spesso il matto è un saggio e un sognatore, uno che vive i suoi assoluti. È un fuorilegge che agisce in contrasto con la classe sociale a cui appartiene, che soffre della discordanza fra la vita logica e la vita affettiva, tra l’interno e l’esterno. Ancora più spesso è una persona delusa e sola. Cos’è la ragione? Spesso è una pazzia condivisa, come nel caso della guerra.

La poetessa Alda Merini è l’emblema delle risorse che un pazzo può offrire se gliene viene data occasione. Disse: «Io sono un dono di Franco Basaglia»”.

(Da: Don Andrea Gallo, Così in terra, così in cielo, Mondadori, 2010, pag. 101)

Per saperne di più su don Andrea Gallo, visita il sito della Comunità di  San Benedetto al Porto, di cui è stato il fondatore e che tuttora guida.

21 gennaio 2011



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TRATTAMENTI DI CURA IN PSICHIATRIA

Guarda i video che presentano i trattamenti di cura della salute mentale nell’esperienza di Trento:

Intervista a Renzo De Stefani

Intervista ad un familiare

Intervista ad un utente e ad un UFE (Utente familiare esperto)

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UNASAM: Lo stato della salute mentale in Italia

All’inizio del mese di maggio 2010 si è svolta un’audizione dell’UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale) alla Commissione di Inchiesta parlamentare sulla Efficienza ed Efficacia del Servizio Sanitario Nazionale. L’UNASAM è una federazione che rappresenta 160 associazioni di familiari e utenti dei servizi di salute mentale  presenti in tutte le regioni.

Partendo dagli squilibri territoriali presenti nelle varie regione nella attuazione della legge 180,…..

Contnua a leggere

23 maggio 2010

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Ancora attacchi della stampa alla legge Basaglia

Su “La  Stampa” del 26 aprile è apparso un articolo dal titolo eloquente “L’Italia dei pazzi armati”; il sottotitolo non è meno eloquente: “Sale la protesta: la legge Basaglia va riformata, troppa gente pericolosa è libera di colpire”.

L’articolista, partendo da alcuni fatti di cronaca che negli ultimi mesi hanno visto come protagonisti persone con sofferenza psichiatrica, presenta le diverse posizioni rispetto alla legge 180. Il titolo, di grande effetto anche per la foto che lo correda, e i fatti riportati avvalorano la tesi di quanti vogliono una riforma nella direzione di allentare i vincoli di tutela dei diritti del malato mentale.

Peppe Dell’Acqua, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, in una lettera aperta a diversi quotidiani pone al Direttore de “La stampa” dieci domande, che contengono anche riflessioni e punti di vista un po’ più articolati sulla salute mentale della semplicistica posizione di chi, in nome della “sicurezza”, pensa a sforbiciate ai diritti piuttosto che a sistemi di cura e di comunità più appropriati.

L’articolo de “La Stampa” lo trovi a questo indirizzo: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/201004articoli/54437girata.asp

Le domande di Peppe Dell’Acqua le trovi su: http://www.news-forumsalutementale.it/10-domande-al-direttore-de-“la-stampa”/

1 maggio 2010

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Ancora sulla follia in America ….. e dintorni

Le posizioni espresse da Oliver Sacks sugli istituti manicomiali in America sono criticate da Pier Aldo Rovatti.

Mettendo in luce distorsioni storiche e  importanti reticenze nel saggio dello studioso americano, Rovatti rileva come le posizioni di Sacks sono usate strumentalmente da quanti oggi, in Italia, manifestano un'”ottusa nostalgia dei vecchi manicomi”. Partendo dalla demolizione della cultura basagliana della follia

“Il fantasma della follia è tornato a circolare, a invadere le prime pagine e a ossessionare i cittadini. Quale migliore occasione per  cementare il vecchio luogo comune del folle, sul quale è possibile scaricare tutto, azzerando un lavoro di decenni? Il rinculo è impressionante e l’incultura che lo accompagna può rivelarsi non poco disastrosa. Le leggerezze di Sacks vengono strumentalizzate per dirci: vedete, ve lo avevamo detto, sono pericolosi, bisogna provvedere e subito. Con azzeramento culturale intendo il colpo di spugna che si vorrebbe dare a tutta la cultura della follia che con grande fatica e altrettanto merito è stata costruita in Italia, a partire da Basaglia, vincendo pesanti sordità e ostacoli materiali di ogni genere”

L’intervento di Pier Aldo Rovatti, da cui sono riprese le citazioni sopra riportate, è consultabile sul sito del Forum salute mentale, al seguente indirizzo:

http://www.news-forumsalutementale.it/l’ottusa-nostalgia-dei-vecchi-manicomi/#more-2735

22 gennaio 2010

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La follia in America

La storia di Anna Agnew

“Dopo solo una settimana di soggiorno nell’ospedale, avvertivo un senso di appagamento quale non sentivo da più di un anno. Non perché mi fossi riconciliata con la vita, ma perché avevano capito il mio stato mentale, ed ero trattata di conseguenza. Ero circondata da altri nelle mie condizioni, turbati e confusi, e mi ritrovai a provare interesse per le loro miserie, il mio senso di simpatia umana si risvegliava. Al tempo stesso, ero trattata come una donna malata, con una gentilezza che nessuno mi aveva mostrato prima di allora. Il dottor Hester fu la prima persona abbastanza gentile da rispondere alla mia domanda: “Sono matta?”, “Sì signora. Lei è pazza e molto …”.E continuò: “Ma vogliamo aiutarla in ogni modo, e la nostra speranza è che questo posto possa farlo” (Oliver Sacks, “Il dottor Hester la signora Anna e l’elogio della follia”, La Repubblica, 31.12.2009, pag. 1).

E’ l’esperienza di manicomio vissuta dalla signora Anna, una paziente psichiatrica dell’Indiana, USA: è una storia che sembra in contrasto con la vasta letteratura che documenta le condizioni di vita degli internati nei nostri manicomi.

Sacks, partendo dalla vicenda di Anna, ricostruisce, su “La Repubblica”, l’evoluzione dell’istituto del manicomio negli USA, e descrive come le intenzioni (e le esperienze) dei filantropi che istituirono le prime case di cura per malati mentali furono via via tradite nel XX° secolo nei manicomi americani, divenuti luoghi squallidi di sofferenza, come in Europa.

L’articolo di Oliver Sacks è consultabile sul sito web de “la Repubblica” all’indirizzo:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/12/31/il-dottor-hester-la-signora-anna.html

Gennaio 2010

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Michel de Montaigne

la follia……

Chi squilibra l’anima, “chi più spesso la spinge alla follia se non la sua prontezza, il suo acume, la sua agilità e infine la sua stessa forza? Da che cosa nasce la più sottile follia se non dalla più sottile saggezza? Come dalle grandi amicizie nascono grandi inimicizie; dalle saluti vigorose, le malattie mortali; così dalle rare e vive emozioni delle nostre anime, le pazzie più straordinarie e più bizzarre;….. Nelle azioni degli uomini insensati vediamo come propriamente la pazzia si accordi con le più vigorose operazioni dell’anima nostra. Chi non sa quanto sia impercettibile la distanza tra la follia e le ardite elevazioni di uno spirito libero e gli effetti di una virtù suprema e straordinaria?(Michel de Montaigne, Saggi, Oscar Mondadori, Milano, 1970, vol. I, pag. 641)

…..l’uomo senza qualità…..

“Volete un uomo sano, lo volete ben regolato e in posizione salda e sicurà? Avvolgetelo di tenebre, di ozio e di torpore. Dobbiamo istupidirci pe diventare saggi, e abbacinarci per saper dirigerci” (ib. pag. 642)

….. e la via della saggezza.

“ È una vita rara quella che si mantiene in ordine fin nel suo intimo. Ognuno può aver parte alla commedia e rappresentare un personaggio onesto sulla scena; ma di dentro, e nel suo petto, dove tutto ci è permesso, dove tutto è nascosto, mantenersi in regola qui, questo è il punto.” (id. vol. II°, pag. 1072)

“Il pregio dell’anima non consiste nell’andar in alto, ma nell’andar con ordine(ib. pag. 1074)

Ottobre 2009

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“Follia e ragione”

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“In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società. per dirsi civile, dovrebbe accettar tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, per tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla”

(Franco Basaglia, “Conferenze brasiliane“, Cortina Editore, citato in “D La Repubblica delle Donne”, n. 637, 14 marzo 2009, pag. 290)

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“Tale è la peggiore delle follie: non riconoscere la miseria nella quale si è imprigionati, la debolezza che ci impedisce di accedere al vero e al bene; non sapere quale parte di follia ci spetta. Rifiutare questa sragione che è il segno stesso della nostra condizione significa rinunciare a usare per sempre in modo ragionevole la propria ragione. Perché se la ragione esiste, essa consiste proprio nell’accettare questo cerchio continuo della saggezza e della follia, nell’essere chiaramente coscienti della loro reciprocità e della loro impossibile separazione. La vera ragione non è esente da ogni compromesso con la follia; al contrario, essa è obbligata a percorrere le vie che questa le traccia”

(Michel Foucault, “Storia della follia nell’età classica”, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1981, pagg. 52-53)

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“…è pacifico che tutte le passioni rientrano nella sfera della follia: ciò che distingue il savio dal pazzo è che questi si fa guidare dalle passioni, mentre il primo ha per guida la ragione. Perciò gli stoici spogliano il sapiente di tutte le passioni come fossero delle malattie. Tuttavia questi elementi emotivi, non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il porto della sapienza, ma nell’esercizio della virtù vengono sempre in aiuto spronando e stimolando, come forze che esortano al bene. Anche se qui fieramente leva la sua protesta Seneca, col suo stoicismo integrale, negando al sapiente ogni passione. Ma così facendo distrugge anche l’uomo e crea al suo posto un Dio di nuovo genere, che non è mai esistito e non esisterà mai; anzi, per parlare ancora più chiaro, scolpisce la statua di un uomo di marmo, privo d’intelligenza e di qualunque sentimento umano. Perciò, se lo desiderano, si godano pure il loro saggio, che potranno amare senza rivali, e dimorino con lui nella Repubblica di Platone, o, se preferiscono, nel mondo delle idee, o nei giardini di Tantalo”.
(Erasmo da Rotterdham, Elogio della follia, cap. 30)

Marzo 2009

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“Follia e società”


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Non sono rare le critiche a Basaglia e al suo impegno per rielaborare nuove pratiche con le quali affrontare la malattia mentale (la chiusura dei manicomi ne è un passaggio fondamentale ma non esaustivo), riducendo il suo pensiero a formule che lo stravolgono: tra queste quella che, semplificando il suo pensiero, afferma che “Le malattie mentali sono il prodotto della società” (Cfr. Rubrica Risponde Umberto Galimberti, Repubblica delle Donne, n. 650, 13 giugno 2009, pag. 146).
In realtà non è così.
Sul punto Basaglia dice: “Occorre fondare una nuova medicina, consapevole del fatto che l’uomo è un corpo sociale oltre che un corpo organico. Ed è su questo corpo sociale che la nuova medicina deve lavorare, non più solo sul corpo organico. Noi vogliamo trasformare il malato mentale morto nel manicomio in persona viva, responsabile della propria salute. Non lasciamo la persona che sta male nelle mani del solo medico, ma cerchiamo di costruire un nuovo schema di vita insieme con altre persone, che non sono solo malati. Quando cerchiamo di coinvolgere la comunità nella cura del paziente, stiamo tentando di eliminare il corpo morto, il manicomio, e di sostituirlo con la parte attiva della società. Questo è il modello che proponiamo e che è disfunzionale alla logica della società in cui viviamo.” (cit. da U. Galimberti, ib.)
L’utopia di Basaglia “era di fare della clinica un laboratorio per rendere “umane” e non “oggettivanti” le relazioni tra gli uomini, attraverso la creazione di servizi di salute mentale diffusi sul territorio, residenze comunitarie, gruppi di convivenza, con la partecipazione di maestri, educatori, accompagnatori, attori motivati” (Galimberti. Ib.).

Per approfondire:

→  D la Repubblica delle Donne (pag. 146)
Franco Basaglia: L’uomo e la cosa

22 giugno 2009
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