Uno spazio per sé insieme agli altri

Laboratorio di scrittura autobiografica

Immagine per autobiografia“Tra il mese di novembre 2015 e il mese di gennaio 2016 si è svolto nella nostra associazione un nuovo ciclo di scrittura autobiografica.
Su questo tema la nostra associazione ha organizzato nel 2014 un evento all’interno della settimana della Salute Mentale; ad altri eventi in altre edizioni di Màt sul tema ha partecipato anche Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari. L’idea portante dell’esperienza è che partendo dall’idea che la parola è farmaco, attraverso la scrittura autobiografica il soggetto recupera la memoria, le tracce della propria vita, spesso fratturate, e cerca di comporle e riportarle a storia unitaria. Processo, questo che ha una funzione terapeutica nel senso più profondo del prendersi cura di sé e riappropriarsi della propria vita ricostruendone il senso.

Di seguito il contributo delle due coordinatrici del laboratorio sull’esperienza fatta nell’ultimo corso.”

 

Perché un laboratorio di scrittura autobiografica? Perché scrivere di sé?

Scrivere di sé è una occasione per ricordare momenti della propria storia, per ripensare alla propria vita, per collocare nel tempo e dare ordine ai ricordi.

Scrivere di sé dà fiducia in se stessi, alimenta l’autostima.

Scrivere di sé ci fa vedere la nostra storia in modo diverso, ci concilia col nostro passato che comunque non possiamo cambiare. Proprio ciò che non si può o non si vuole dire, a volte si riesce a scrivere.

Scrivere di sé è apertura all’altro, all’interno di un gruppo favorisce la socialità, educa all’accoglienza, all’ascolto e al rispetto delle opinioni altrui. Raccontarsi, scrivere e poi condividere le esperienze di vita aiuta la conoscenza, muove empatia, fa fiorire l’amicizia, la solidarietà.

Questi i presupposti su cui avevamo già realizzato questa attività negli anni passati e, dato che c’era stato un buon esito, ci è sembrato opportuno riproporla, naturalmente affrontando tematiche differenti.

Gli strumenti che abbiamo utilizzato però non sono stati solo la scrittura, ma abbiamo letto brani di prosa, poesie, analizzato immagini e ascoltato musica.

Siamo partite dall’evocazione dei ricordi: basta gettare nella mente, come fosse un lago, una parola che questa provoca onde concentriche che ci portano a immagini e ricordi lontani.

Poi, attraverso “Il gioco della vita”, abbiamo cercato di esercitare l’ascolto come momento di incontro: per ascoltare bisogna essere in due ed essere aperti ad ascoltare l’altro rispettandolo, ma bisogna anche provare la sensazione di sentirsi ascoltati. È una relazione.

È stato facile, a questo punto affrontare sia oralmente che per iscritto il tema del gioco nell’infanzia e nell’età adulta. Siamo poi passati dal gioco al lavoro, soffermandoci in particolare sulle mani, strumenti indispensabili di tutte le attività dell’uomo, non solo manuali.

Infine abbiamo concluso il percorso con il tema dell’amicizia e delle persone che per noi sono state o sono importanti.

L’ultimo incontro si è concluso con una riflessione scritta sull’esperienza che toccava vari punti e di cui diamo conto. Tutti hanno dichiarato che si sono trovati bene e che “l’esperienza è stata utile e piacevole”. Nel gruppo si sono trovati bene e c’è chi ha scritto, con una certa sorpresa: “mi sono sentita molto a mio agio, non me l’aspettavo”. Tra le attività svolte quelle che sono piaciute di più sono state confrontarsi nel gruppo con gli altri e scrivere; una partecipante in particolare ha osservato: “Tra le attività che abbiamo fatto mi è piaciuta di più l’attività di scrittura perché sono un po’ timida e mi esprimo meglio per iscritto; inoltre mi sono commossa molto perché ci sono stati dei momenti toccanti e avevo a volte un groppo in gola”.

Tutti si sono trovati bene a scrivere, nonostante fosse un’attività da alcuni poco praticata, e così hanno riconosciuto due persone: “mi sono stupita di essere riuscita a scrivere così tanto di me”; “ho scoperto angoli della mia anima che da un po’ erano nascosti”.

L’ultima domanda chiedeva che cosa si portassero a casa dall’esperienza e ciò che è risultato è stato, oltre a “un bel ricordo” e “nuovi amici”, “la riscoperta del valore dell’amicizia e della solidarietà”.

 

Gianna Niccolai e Maria Gabriella Pavarotti