Teatro


Il vero incontro tra teatro e psicologia è avvenuto intorno agli anni 60’, favorito da
alcune nuove risorse: la nascita dei laboratori teatrali e un nuovo training dell’autore,
un rinnovato modo di lavorare nel setting psicoterapeutico e la nascita di nuove teorie
psicologiche e psicoterapeutiche. Tra i più importanti esponenti di questo periodo
conosciamo Grotowski, che creò il primo ‘teatro di laboratorio’, Brook, Barba. Nella
sfera psicologica, il teatro risulta essere l’attività per eccellenza attraverso cui ci si
focalizza sul “qui ed ora” (dal latino: “hic et nunc”). Ciò implica conseguentemente
una presa di coscienza di sé attraverso l’auto-osservazione: specialmente in ambito
teatrale, la distanza dell’attore dalle azioni del ruolo interpretato, si rivela altamente
efficace, poiché stimola una coscienziosa riflessione sulla natura delle azioni stesse.
Attraverso una serie di esercizi e di giochi teatrali, le persone entrano in contatto con
loro stesse, con l’altro o il resto del gruppo o la realtà che le circonda.

Descrizione delle attività:
Durante gli incontri si realizzano attività di lettura, interpretazione e manipolazione
dei testi. Si concorre all’ideazione e alla scrittura del copione e alla recitazione di testi
differenti. L’atto teatrale in sé si concentra essenzialmente sulla comunicazione
emotiva: le fasi iniziali del lavoro vertono su un primo lavoro di improvvisazione
assecondato dall’esperienza del regista che, successivamente, si fa carico di
“smerigliare” al meglio ciò che l’attore vuole comunicare con le proprie parole. Una
delle prerogative del laboratorio verte sulla valorizzazione dell’individualità di ogni
componente: a seconda delle abilità e delle inclinazioni possedute da ciascuno, lo
spettacolo assume via via dei connotati più originali, favoriti dalla poliedricità che
l’atto teatrale andrà a trasmettere in scena. L’attività si concentra quindi sulla
promozione all’autogestione e sulla valorizzazione dell’individuo, attraverso il
recupero della storia personale, tesoro di amori, paure, speranze e soprattutto di una
grande volontà di mettersi in gioco socialmente.
Outcomes: Spettacoli teatrali, alcuni dei quali sono realizzati in occasione dell’evento
‘Mat: la settimana della salute mentale’.

Obiettivi specifici:                                                                                                                                                                            La metodologia proposta si basa su un approccio integrato che coinvolge la persona
attraverso le azioni, i suoni, i segni, i gesti e la voce, favorendo lo sviluppo del
pensiero emotivo, simbolico e creativo, grazie anche all’esperienza di gruppo. Tra i
più importanti obiettivi riscontriamo:
– Sviluppare potenzialità espressive (linguaggio verbale e non verbale in
situazioni comunicative diverse);
– Promuovere il cambiamento nell’integrazione dell’io e delle diverse
dimensioni della personalità (cognitiva, emotiva e comportamentale) nel
vissuto soggettivo e nelle modalità comunicative;
– Creare un clima comunitario;
– Elaborare il disagio, se presente, provocato dall’attività di recitare in
pubblico.

Sede e orari: Sala Truffaut (momentaneamente c/o sede Fonte, Strada Fonte San Geminiano Ovest,
13), Lunedì, ore 15:30-17:30.

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Di seguito la presentazione della nostra compagnia di teatro.

 

“Fuali”, la nostra compagnia teatrale

 

La compagnia teatrale “Fuali” è nata nel 2004 all’interno dell’associazione “Insieme a Noi – Familiari e amici di pazienti psichiatrici” di Modena. L’associazione “Insieme a Noi – Familiari e amici di pazienti psichiatrici” svolge dal 1994 attività di sostegno alle famiglie di persone con disagio psichico e promuove progetti di inclusione sociale per le persone che attraversano momenti di sofferenza, esclusione e marginalità. La particolare forma di interlocuzione che l’associazione ha sviluppato con le istituzioni è alla base di alcune caratteristiche peculiari del nostro laboratorio teatrale. Esso, infatti, non è gestito direttamente dal dipartimento di Salute Mentale della AUSL ma è un progetto interno all’Associazionismo di utenti e familiari. Per sviluppare il progetto teatrale l’associazione si avvale di una propria compagnia “stabile”: una struttura in cui alcuni soci dell’associazione hanno avuto la possibilità di crescere e formarsi una discreta esperienza teatrale, che ha contribuito significativamente ad aumentare il loro protagonismo, la fiducia in se stessi e la capacità di sviluppare relazioni positive con altri. La compagnia è ogni anno disposta ad “inserire” nuovi soci e a conoscere nuove persone interessate che, dopo un periodo di prova, possono liberamente scegliere di aderire al laboratorio. Questa modalità di “inserimento” ricalca la logica con cui si svolgono i laboratori di inclusione sociale della nostra associazione. Per l’associazione, infatti, non esistono “utenti” ma solo associati: i laboratori espressivi, i progetti e i percorsi di inclusione sociale non sono definiti da un protocollo “sanitario” ma sono libere attività di volontariato e cittadinanza attiva; l’attenzione del direttivo e dei soci storici dell’associazione è dedicata alle persone con esperienze di disagio psichico e alle loro famiglie e di conseguenza i collaboratori dell’associazione sviluppano particolari percorsi per supportare ed invogliare alla partecipazione le persone seguite dai centri di Salute Mentale della città. Tuttavia il fatto di essere seguiti dai servizi non è una pregiudiziale necessaria per partecipare alle attività, che sono invece da intendersi come libere attività per diffondere i valori della salute mentale nella comunità, per supportare le persone più fragili e per migliorare le politiche dei servizi pubblici, rendendole maggiormente rispondenti ai bisogni della popolazione. Quando il laboratorio teatrale è nato, infatti, i servizi di salute mentale locali non avevano un vero e proprio programma di inclusione sociale e le attività territoriali del servizio erano frammentate e lacunose: solo la presenza di un gruppo di famiglie attive, disposte anche a mettersi in gioco in prima persona per dare speranze ai loro congiunti, ha permesso di sviluppare progettualità innovative, alle quali poi il servizio si è progressivamente adattato, riconoscendo le grandi potenzialità trasformative di un percorso di cittadinanza attiva svolto direttamente da chi ha vissuto sulla propria pelle la condizione di disagio. Per svolgere le proprie tante attività, e in particolare per il laboratorio teatrale, l’associazione si avvale del lavoro di collaboratori che supportano e coadiuvano i volontari storici; si tratta di persone che hanno esperienze nel mondo dell’arte, dell’educazione, della ricerca e della pratica in campo psicologico, antropologico o sociale; spesso si tratta di giovani il cui percorso formativo è in corso o da poco terminato, con esperienze di partecipazione sociale e cittadinanza attiva, che mettono il loro entusiasmo e la loro competenza al servizio dei volontari. In questo modo l’associazione è riuscita negli anni ad aggregare attorno a sé un nutrito gruppetto di giovani, portatori di competenze e sguardi che di solito restano fuori dai percorsi terapeutici istituzionali, ma che si sono rivelati di grande importanza per sviluppare i percorsi di inclusione sociale dell’associazione. Lisa e Francesca, le due referenti del laboratorio teatrale, fanno parte di questo gruppo. Non sono state le prime ad attivare il laboratorio, che ha visto negli anni alternarsi numerosi collaboratori dato che la collaborazione professionale con un’associazione di volontariato spesso non è un vero e proprio “lavoro per la vita” ma un’esperienza che tende ad essere limitata nel tempo, finalizzata ad acquisire una più profonda formazione e che poi apre la strada verso altre condizioni lavorative più stabili. Lisa e Francesca sono arrivate dopo che la compagnia “Fuali” ha vissuto numerose esperienze con altri giovani collaboratori: da Maci, Alessia e Roberta, a Matteo e Renata, fino ad Erica ed Emanuele, che tutti ricordano con affetto e spesso sono in prima fila ad ogni nuova rappresentazione del gruppo. Il laboratorio teatrale ha permesso all’Associazione di sviluppare anche un’altra collaborazione, importante per il suo coinvolgimento di soggetti della società civile locale: con il nostro gruppo teatrale partecipiamo alla rete di soggetti associativi che animano il Circolo ARCI “Teatro per Amore”, un circolo che riunisce vari gruppi teatrali e che opera nella promozione della cultura teatrale e dell’inclusione sociale. Annualmente l’Associazione concorre alla realizzazione del ciclo di spettacoli di “Teatro per Amore”, attraverso cui si può offrire alla cittadinanza un saggio dei vari laboratori teatrali rivolti alle persone con disagio psico-fisico svolti durante l’anno. Un’altra importante collaborazione che è nata grazie al laboratorio teatrale è stata quella con i Servizi Sociali del Comune di Modena: da qualche anno infatti, discutendo con i referenti dei servizi sociali territoriali, è emerso che alcuni nostri soci, partecipanti storici al laboratorio teatrale, erano in carico presso i servizi sociali. Si trattava di persone che, affidate ai servizi sociali territoriali per ottenere un sostegno a condizioni di di vita caratterizzate da disagio sociale, abitativo o relazionale, rischiavano di subire condizioni di esclusione e isolamento dalla comunità; tuttavia, non volendo subire l’etichettamento psichiatrico, nonostante fossero state segnale ai servizi di salute mentale, non avevano mai costruito un rapporto continuativo con i professionisti sanitari locali, non venendo in realtà mai presi in carico. Per noi si trattava di soci che costituivano ormai colonne del laboratorio teatrale: arrivando in contatto con l’associazione nei primi anni 2000, avevano visto nel laboratorio un contesto non stigmatizzante e socializzante, in cui  mettere a frutto le loro potenzialità; la riflessione conseguente, svolta in comune con i referenti dei servizi sociali di Modena, è stata che anche altre persone seguite dai servizi sociali, in condizione di disagio e solitudine, potessero trarre giovamento dall’entrare in contatto con i percorsi di inclusione sociale gestiti dall’associazione, e in particolare con il laboratorio teatrale. Per questo, a partire dal 2014, il Comune di Modena concorre, insieme alla AUSL – che opera attraverso il progetto regionale “Teatro e Salute Mentale” – a finanziare il nostro laboratorio. Ancora una volta è emersa la specificità del percorso teatrale elaborato dalla nostra associazione: il suo svolgersi “al di fuori” dei servizi psichiatrici istituzionali, la sua capacità di coinvolgere e attivare risorse personali anche oltre i percorsi di cura e presa in carico, la propensione ad inserirsi in reti territoriali locali, sono stati e sono ancora oggi i principali ingredienti di questa esperienza. Oggi sono spesso i volontari dell’associazione a presentare il laboratorio nei centri di salute mentale e a coinvolgere nel laboratorio altre persone seguite dai servizi; le relazioni nate in associazione si riverberano sull’andamento dei servizi: persone che, all’interno dei percorsi proposti dal proprio terapeuta o curante psichiatrico, non avevano mai avuto la possibilità di sperimentarsi in un laboratorio espressivo, sono state coinvolte da altri utenti dei servizi e vengono accompagnate a muovere i primi passi nel magico mondo del teatro. Dal 2015 si è verificata un’altra incredibile circostanza, che concorre a mutare radicalmente l’impostazione del nostro laboratorio, e ne descrive bene il suo approccio evolutivo, in costante trasformazione: per la prima volta una associazione culturale modenese, che gestisce un teatro stabile della città, ha “comprato” il nostro spettacolo, inserendolo in cartellone. I responsabili della programmazione artistica del teatro “Atto Zero”, infatti, dopo aver visto la prima del nostro spettacolo del 2015, hanno proposto al gruppo di ripetere lo spettacolo all’interno della loro programmazione, dietro riconoscimento di un compenso economico alla compagnia. Per il gruppo è stato un momento molto emozionante: per la prima volta un’attività laboratoriale dell’associazione veniva “ricompensata” sul mercato. Un bel segno per un percorso che vuole ricostruire abilità e autonomie e rendere le persone consapevoli del proprio potenziale, del poter fare cose utili per la società, qualche che sia la loro storia di debolezza, fragilità o disagio. Questa proficua collaborazione si è ripetuta anche nel 2016, con il nuovo spettacolo.  Inoltre “I miei giorni felici” è stato replicato anche il 17 dicembre ad Imola all’interno della rassegna teatrale curata dall’associazione Oltre la Siepe “I muri ci parlano: cosa ci hanno detto, cosa abbiamo fatto?” e il 6 aprile  a Borgo Tossignano (Imola) all’interno della rassegna Enjoy your town. L’innovazione costante è sempre al centro delle nostre attività: l’associazione fa infatti di tutto per evitare di “duplicare” o “vicariare” i centri diurni dei servizi pubblici di salute mentale: costantemente cerchiamo di interrogarci su quali possano essere le novità e le sperimentazioni che rendano i nostri laboratori “differenti” dai percorsi di cura dei servizi, che spesso rischiano di risolversi in un mero intrattenimento. Il percorso che ha portato alla realizzazione dello spettacolo del 2015, esperienza poi ripetuta anche nel 2016, porta in sé una grande innovazione: l’apertura e l’ibridazione del laboratorio dell’associazione con un altro laboratorio teatrale, estraneo ai temi della salute mentale. Abbiamo deciso di approfondire proprio questo spettacolo, l’ultimo realizzato, per restituire la carne viva di questa importante esperienza.

 

Il 27 ottobre 2016 si è tenuta la prima rappresentazione dello spettacolo “I miei giorni felici” eseguito dalla compagnia “Fuali” dell’Associazione “Insieme a noi – Familiari e amici di pazienti psichiatrici”.  Lo spettacolo, che ha richiamato un folto pubblico presso il Teatro dei Segni di Modena, è stato il primo momento pubblico per presentare i risultati del laboratorio teatrale gestito dalle nostre collaboratrici Francesca Iacoviello e Lisa Severo. Ecco la presentazione che ha accompagnato la pubblicità dell’evento, inserita nel programma di Mat – Settimana della salute mentale: “Molte storie. Storie d’amore. Storie ironiche, frammentate e disperate. Storie che una volta pronunciate diventano buffe e terribilmente delicate, imbarazzanti a volte. Storie in cui il cuore ora batte, ora si frantuma, ma che resta lì quando chiudiamo gli occhi e raccontiamo: nelle macchine, nei reparti chiusi, nella case piccole,nei libri,nelle conchiglie raccolte al mare”. Il testo è stato costruito a partire dalle storie di vita degli attori della compagnia teatrale, che hanno riempito la drammaturgia con la narrazione e l’elaborazione delle loro esperienze personali. Il laboratorio ha assunto una forma assolutamente innovativa: dopo un primo periodo di pratica teatrale principalmente rivolto alle persone aderenti alla nostra associazione, si è svolta una seconda fase che ha coinvolto come “ospiti” altre persone che frequentano i laboratori teatrali gestiti da Francesca e aperti a tutta la cittadinanza. È stato quindi un gruppo più ampio di quello costituito dalla persone aderenti alla nostra associazione ad essere impegnato nella realizzazione e rappresentazione dello spettacolo. Lo spettacolo è stato poi replicato il 19 novembre, ancora al Teatro dei Venti e il 4 dicembre al Teatro Atto Zero, che ha inserito in cartellone la nostra rappresentazione all’interno di una sua rassegna ordinaria. La nostra compagnia, dunque, è diventata a tutti gli effetti una vera compagnia teatrale, che si rapporta direttamente con le attività culturali del territorio, al di fuori del “filtro” delle iniziative dedicate alla salute mentale o alla disabilità.

 

La nostra redazione interna, che cura il periodico di informazione dell’associazione, ha scelto di incontrare i “cittadini esterni” che collaborano alla realizzazione dello spettacolo e che hanno condiviso un pezzo di percorso laboratoriale con i nostri soci. Abbiamo approfittato di un momento di riposo tra le prove dello spettacolo “I miei giorni felici”. Prima della vera e propria intervista, abbiamo premesso una spiegazione del grande valore che vediamo nella loro presenza al laboratorio: “uno degli obiettivi della nostra associazione è quello di creare contaminazione tra l’esterno e l’interno, tra le persone con sofferenza psichica, che spesso vivono situazioni di emarginazione sociale, e persone che non soffrono di queste patologie. È un’esperienza che per le persone con fragilità psichica è una forza importante per l’acquisizione di fiducia, per vincere l’isolamento per creare integrazione sociale”.  Ecco di seguito riportate le valutazioni di alcuni di loro su come stanno vivendo quest’esperienza di collaborazione.

 

Alberto: “Per me è un’esperienza nuova in assoluto, dove mi trovo molto bene; la compagnia Fuali è un gruppo di ragazzi fantastici che mi aiutano a scoprire cose che io non sapevo. Questa per me è la prima esperienza, positivissima, la consiglio a chiunque perché il teatro ti dà tantissimo, ti mette a contatto con tante realtà diverse l’una dall’altra. E poi ti diverte”.

 

Lilli. “Posto il fatto che per me il teatro è fondamentale,  in questa esperienza si crea proprio una mescolanza tra due gruppi diversi che in realtà sul palco diventano uno solo e non si sente più questa differenza. Quando si lavora insieme si cerca di dare qualcosa agli altri ma nello stesso tempo gli altri danno qualcosa a noi, quindi c’è questo scambio, una interconnessione tra le due figure che in realtà ne sono una  sola. Infatti io sono due anni che faccio questo tipo di lavoro con loro e a questo punto la grande domanda che mi faccio alla fine di questo percorso è che cos’è la normalità”.

 

Giuliano: “a differenza degli altri per me è la prima esperienza; lo scorso anno ho seguito questo progetto solo esternamente e marginalmente e mi ha colpito e quindi, su richiesta di Francesca, quest’anno ne ho fatto parte. Inizialmente mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua e quindi pensavo, anzi, effettivamente, ho avuto un po’ di difficoltà a relazionarmi con i ragazzi, però poi dopo un po’ ho visto che anche nella loro semplicità di comunicare con noi e fra di loro, si è creata una situazione molto più semplice. Inizialmente alcune persone del gruppo avevano qualche difficoltà a relazionarsi tra di loro e con tutti noi, poi si è creata una bella situazione. Questo al livello personale mi ha portato anche a relazionarmi con la mia famiglia  e con le persone che fanno parte della mia vita in una maniera molto  diversa, con più semplicità, più spontaneità, senza sovrastrutture, e quindi direi che è un bilancio veramente positivo”.

 

Valentina: “Questo è il mio secondo anno, perché Francesca, che è la mia insegnane di teatro, mi ha proposto l’anno scorso di partecipare a questo progetto. L’anno scorso è stata una bellissima scoperta entrare in questo gruppo; è stata una scoperta anche in qualche modo un po’ destabilizzante, perché non è stato subito semplice approcciare e lavorare insieme, però faticando un po’ all’inizio, dopo è stata un’escalation di emozioni, sensazioni. Quest’anno sono voluta tornare proprio per questo, perché l’anno scorso la comunicazione e il rapporto che si erano creati non erano stati così intensi; quest’anno mi sento parte di questo gruppo ed è più bello scoprirli perché non solo capisci la loro voglia di vivere, la loro ironia, la loro semplicità di comunicazione ma ti rendi conto di quanto siano banali i tuoi problemi in confronto ai loro. Dal punto di vista teatrale, sperimentiamo la loro naturalezza sul palco, la loro immediatezza: rispetto alla fatica che facciamo  noi per impersonare i personaggi che costruiamo per gli spettacoli, vediamo che arrivano loro e con un gesto, un’espressione, un tono di voce arrivano subito, diretti al cuore”. Chiediamo poi a Valentina se prima di partecipare a questo laboratorio abbia avuto a che fare con persone con problemi psichici. “Non ho conosciuto persone con queste caratteristiche, risponde, ho conosciuto persone con disturbi psichici nel mio percorso scolastico, ho avuto compagni di classe con alcuni disturbi, nella mia famiglia è presente qualche patologia; quindi non ero assolutamente aliena a questo mondo però non mi sono mai trovata a lavorarci insieme, sopratutto dal punto di vista teatrale, che non è come un percorso di danza, un laboratorio creativo. Il teatro è qualcosa di più intimo, più profondo; infatti all’inizio ero un po’ spaventata per questo, non mi sentivo all’altezza di riuscire a reggere; e invece ho scoperto davvero un mondo nuovo, ogni volta che vengo, che facciamo le prove, anche se arrivo stanca, tirata per il lavoro, anche solo una nostra ora con le battute dell’Elena, la solarità di Adriano, la tenerezza di Robi, ti passa tutto e alla fine esci sempre che ti hanno lasciato qualcosa di bello. Si può imparare anche dalle persone che hanno delle difficoltà”. Le chiediamo infine che cosa è per lei la malattia mentale. “La malattia mentale, dice, è una roba molto complicata. È una malattia e per mia esperienza personale e familiare a volte non è percepita come malattia; a differenza di altre malattie che sono semmai più destabilizzanti fisicamente, a volte, quando soprattutto è un pochino più lieve, è una cosa che si percepisce e non si percepisce ed è anche più difficile, secondo me, per qualcuno che non la conosce, interagire, confrontarsi con loro. Spesso le persone con disturbi psichici sono etichettate per la loro malattia o cacciate ai margine della società. Penso che questi laboratori hanno la funzione di amplificare e mostrare a tutti le capacità che anche queste persone hanno. E la maggior parte delle persone che sono venute a vederci lo hanno colto e sono rimaste stupite, emozionate e incredule per il fatto che si potesse  lavorare con un gruppo così e che si potesse mostrare un lavoro del genere. Perciò sono contenta che anche quest’anno si sia rifatto insieme uno spettacolo teatrale e abbia avuto così successo, proprio perché è una cosa che si può fare, si riesce a fare tranquillamente e anzi si deve fare sempre di più”.

 

Alla fine sentiamo anche Adriano, che oltre ad essere attore della compagnia Fuali è anche redattore del nostro giornalino, su questa esperienza di contaminazione tra esterno e interno.  “Per me questa è la seconda esperienza di partecipazione alla compagnia teatrale Fuali; l’anno scorso ho partecipato alla rappresentazione dello spettacolo “T’é propi un gabiàn”, ho a casa ancora il copione; eravamo abbastanza carichi l’anno scorso. Quest’anno eravamo più scarichi, poi ci siamo caricati man mano. Questa esperienza mi aiuta innanzitutto ad avere più forza per voler dare del mio meglio e poi mi aiuta perché alla fine, quando ti fanno i complimenti e chiedi se sei andato bene o sei andato male, fai un esame critico su come sei andato e ne trai certe volte anche qualche vantaggio. Poi anche mentre si recita durante la rappresentazione teatrale ci sono dei momenti in cui uno si diverte nel fare la rappresentazione. Per esempio nello spettacolo “I miei giorni felici” la scena delle onde al mare a me piace moltissimo; anche l’anno scorso c’era una scena che mi piaceva moltissimo, la scena del gabbiano che volava. Poi dopo è bello tutto nello spettacolo di quest’anno, anche pensare che c’è questo treno che parte e che non si riesce a prendere. A me  fa molto piacere lavorare con le persone esterne perché di solito sono di molto aiuto per noi,  noi siamo un po’ più impacciati, si vede che abbiamo qualche problemino mentre gli altri che vengono da fuori ci portano un supporto, si vede che loro recitano con una certa esperienza, danno una carica anche a noi e ci danno la voglia di fare e di arrivare a dare il meglio di noi di stessi; la massima soddisfazione che possiamo avere secondo me è quando uno, facendo teatro, si diverte.”

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